Il melograno
Come all’inizio di ogni nuovo anno, scrivo su un foglietto che poi conserverò gli obiettivi per l’anno nuovo. È sempre stimolante ogni tanto rileggerlo e magari alla fine dell’anno segnare la maggior parte degli obiettivi che ti eri prefissata. Quest’anno una delle voci della mia lista mi ha ricordato un episodio accaduto qualche anno fa, di ritorno da una stancante giornata universitaria. Ve la voglio raccontare e condividere un paio di pensieri con voi.
Era un tardo pomeriggio d’inverno, non ricordo di preciso di che mese. Trenitalia era sorprendentemente in orario e già speravo in un rientro a casa ad un orario decente. Tuttavia, quando il treno si fermò a Bologna, l’odiosa vocina di Trenitalia annunciò che, a causa di un guasto al treno, avremmo dovuto scendere e cambiare treno. E io che mi stavo già pregustando la doccia calda! La cosa bella, ma che d’altronde non fa che confermare la professionalità di Trenitalia, fu che non solo ci fecero scendere e andare al binario annunciato, ma a qualche minuto dall’arrivo del treno sostitutivo, cambiarono nuovamente il binario. Poi noi italiani abbiamo un dono per fare del casino in una situazione già incasinata di per sé e quindi, per farla breve, non si capiva davvero nulla. Un signore si avvicinò e mi chiese in maniera molto timida e educata se avevo capito dove dovevamo andare e che treno prendere per arrivare a Parma. Gli risposi e lo invitai a non preoccuparsi e a seguirmi che purtroppo ero abituata alle sfide quotidiane del servizio ferroviario italiano.
In treno ci mettemmo a chiacchierare. Teneva una grossa sacca nera in mano e dei sandali con dei calzini. Era un insegnante originario del Marocco e, dopo anni di insegnamento in Spagna, si era trasferito in Italia e ora stava cercando di far trasferire anche la sua famiglia a Parma. Era molto gentile e ascoltò volentieri i miei racconti su cosa studiavo, come era vivere in Emilia e i commenti, non troppo carini, sui continui ritardi di Trenitalia. La conversazione durò poco perché da Bologna alla mia fermata ci sono appena quindici minuti ma prima di scendere mi ringraziò moltissimo e come segno di gratitudine tirò fuori dalla sacca nera un melograno e me lo regalò. Sì, un vero melograno e vi lascio solo immaginare la mia faccia quando realizzai cosa era. Cioè, potrei capire un cioccolatino, una mela, ma un melograno proprio non me lo aspettavo. Però mi fece piacere e per un attimo mi misi nei suoi panni.
Probabilmente la gente non era mai così gentile e loquace dopo una grigia giornata lavorativa, e aver trovato qualcuno che non solo ti indica il treno corretto, ma ti accompagna e ti tiene compagnia deve essere stato qualcosa di assolutamente straordinario per lui, come probabilmente lo sarebbe stato per chiunque. E forse anche scambiare due parole con qualcuno a fine giornata non era così normale per lui, completamente solo in un paese straniero per svolgere un lavoro che gli permettesse di mantenere la sua famiglia lontana. Tornai a casa con un sorriso a trentadue denti nonostante la giornata stancante e felice di aver regalato a qualcuno una piacevole conversazione e un po’ di gentilezza. Vi lascio immaginare la faccia di mia madre quando, dopo una giornata universitaria, varcai la soglia di casa trionfante con il mio melograno in mano. Neanche una bimba il giorno di Natale sarebbe stata più felice!

Vi ho voluto raccontare questa storia perché penso che ora più che mai, in un periodo pesante e stressante per tutti noi, quando ci ritroviamo costretti a reinventarci la quotidianità, sia importante essere gentili. Non grandi cose, non gesti straordinari, ma un sorriso, quattro chiacchiere o un “buongiorno” possono davvero fare la differenza. Non sappiamo mai chi ci troviamo di fronte, non conosciamo mai pienamente le sfide che sta affrontando, non conosciamo i suoi pensieri e magari non sappiamo nemmeno il suo nome (sì, anche a questo mi sono dimenticata di chiedere il nome), ma un sorriso e un po’ di gentilezza migliorano la giornata di chiunque. E no non sono quella che ti dice “porgi sempre l’altra guancia”, credo che la gente stronza esista ma credo anche che non si possa lasciare il mondo in balia dell’arroganza di taluni. Credo ci si debba sempre rimboccare le maniche per cercare di essere nel nostro piccolo il cambiamento che si desidera vedere nel mondo, come disse Gandhi (questo è uno dei miei mantra). E come la cattiveria è contagiosa, credo che anche la gentilezza segua una sorta di effetto cascata e voglio continuare a pensare che se oggi io faccio un gesto gentile nei confronti di qualcuno, domani quel qualcuno avrà voglia di abbellire la vita di qualcun altro con un po’ di gentilezza. Che poi uno pensa che compiere atti di gentilezza a casaccio sia un qualcosa di completamente gratuito, ma provate a capire come vi scalda il cuore migliorare la giornata di qualcuno! E quindi sì, voglio credere e impegnarmi per un mondo più sorridente, per abbracci più stretti e per parole più sincere.
E con questo pensiero, molto romantico e ottimista, vi auguro un buon anno, pieno di sorrisi, gentilezza e abbracci. E chissà, magari anche di melograni!
Se vi è piaciuta questa storia, allora dovreste leggere anche il racconto sul monaco buddhista e il suo discorso sulla felicità: