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Il monaco buddhista

Il monaco buddhista

30 Ottobre 2020 Erika Comments 2 comments

Era il 5 novembre 2015 e io ero molto giù di morale. Era stato un anno stancante tra lo studio e alcuni problemi famigliari molto lunghi e dolorosi. Si poteva pensare che le cose a casa sarebbero migliorate, ma con l’università mi aspettava un periodo tostissimo. Ero stanchissima e, come mio solito quando sono stanca e penso ai sacrifici che mi aspettano, avevo le lacrime agli occhi.

Come ogni mattina ero in treno e guardavo fuori dal finestrino. Eravamo appena arrivati a Bologna e di fronte a me si sedette un signore. Il treno ripartì e io mi girai verso il finestrino, ma i miei tristi pensieri furono subito interrotti dal signore che mi chiedeva se il treno fermasse ad Imola. Risposi di sì, forse anche in modo un pò brusco, e mi tornai a voltare verso il finestrino, pronta ad avvolgermi nel silenzio della mia stanchezza.

Poi, all’improvviso, questo signore si sporse in avanti e mi disse “Sorridi“. Mi girai incredula e lo guardai con fare interrogativo, quasi a chiedergli se lo aveva detto sul serio o me lo ero solo immaginata. E invece no, lo aveva detto sul serio ed iniziò così una delle conversazioni più belle e stimolanti della mia vita.

Iniziò a parlarmi della felicità, di come non fosse una cosa che capita ma un qualcosa che bisogna essere in grado di costruire e quindi, se anche ero triste per dieci motivi e ne avevo solo cinque per sorridere, dovevo comunque concentrarmi solo su quei cinque. La felicità la costruiamo prima di tutto dentro di noi e quindi è inutile arrovellarsi per cercarla, anche perché è la vita a donarti esattamente ciò di cui hai bisogno al momento giusto, proprio quando sarai in grado di farne tesoro nel migliore dei modi. A lui era successo con sua moglie: doveva andare a fare un lavoro in Sud Italia e discuteva continuamente via mail con la responsabile dei lavori in cantiere. Poi si sono incontrati, sono andati a cena più per scherzo che per altro e non si sono più separati. Era il dono più grande della sua vita ed era arrivato così per caso, esattamente quando era pronto per accoglierlo. Mi chiese di pensare a una cosa che mi rendeva felice e quando gli risposi “la mia famiglia” mi disse che la felicità non derivava dall’avere una famiglia perfetta ma dall’essere stata in grado di costruire con ognuno un rapporto profondo e ricco. Non era una felicità che era capitata, era una felicità che avevo costruito. E, anche se in quel momento stavo vivendo un brutto periodo, dovevo provare a stare tranquilla perché tanto prima o poi tutto passa e questo ce lo hanno insegnato per primi i greci, con il celebre aforismo “πάντα ρει” (“panta rhei“), che vuol dire che tutto scorre e niente rimane invariato. Mentre parlavo mi corresse tutte le volte che dicevo “ma“, “però” e “se” poiché sono parole che non portano da nessuna parte e quindi avrei dovuto imparare ad usarle il meno possibile quando parlavo dei miei desideri. Mi disse di difendere sempre il mio primo diritto, il diritto alla felicità.

La conversazione durò in tutto circa una ventina di minuti, forse anche meno, ma è stato uno dei regali più belli e magici che la vita mi abbia mai fatto. Mi ha lasciato un messaggio profondo e sincero, mi ha regalato un sorriso in un momento in cui volevo solo stare da sola nei miei tristi pensieri, insegnandomi che un sorriso è il miglior modo di portare della luce in noi, che a volte è proprio tutto ciò che serve per far sbocciare quel potenziale che ognuno ha dentro di sé e che aspetta solo di essere espresso.

Da allora ho sempre cercato di non disdegnare le conversazioni con anche persone che non conosco, perché a volte è proprio da persone delle quali magari non saprai mai nemmeno il nome che arrivano le riflessioni più profonde e significative, le quali ti potrebbero regalare momenti inaspettati e perfetti. Perché forse davvero la vita ti regala quello di cui hai bisogno al momento giusto e io, quel giorno là, avevo bisogno di quella chiacchierata. È stata la prima di una serie di incontri con sconosciuti che mi hanno raccontato un pò della loro storia e hanno senz’altro arricchito il mio cuore e alimentato il mio ottimismo e la mia curiosità.

Lui era un monaco buddhista, con gli occhi azzurri e sereni come il mare. Il nome mi sono dimenticata di chiederglielo.

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2 thoughts on “Il monaco buddhista”

  1. Laura ha detto:
    24 Novembre 2020 alle 22:38

    Lo rileggo ogni volta con grande piacere ed emozione !

    Rispondi
    1. Erika ha detto:
      25 Novembre 2020 alle 09:40

      Questo è sicuramente un pezzo e un episodio che è rimasto nel cuore anche a me!

      Rispondi

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